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Ricordo di una scalata

a G. e L. T. che scalarono monte Miletto il 22 Agosto 1948

 

 

Da Napoli baciato dal suo mare

che un cielo azzurro sempre ricoprì,

fervente d’opre e di bellezze rare,

che una natura splendida le offrì,

 

veniste sul Matese alto e deserto,

dove i belati sol rompon l’orror,

e dove intorno un grandioso serto

di monti s’erge, e genera stupor…

 

Fieri saliste. Il muscoloso e nero

corpo mostraste ai forti rai del sol.

Vinceste ogni fatica, ché un sincero

desio di ascesa ai corpi diede il vol.

 

Premeva il piede le schegge taglienti,

o si posava sull’erbe e sui fior;

pulsava il core, ed a salir gl’intenti

muscoli in alto spingea con ardor.

 

Sulla vetta arrivati contemplaste

l’immensa scena di montagne d’or,

lo sguardo acuto lungi saettaste,

di nuvole e di nebbie nell’albor.

 

Parea che il monte riguardasse altero,

gli agili e arditi giovani salir,

ma ne gioiva, pur nell’austero

aspetto con cui ama comparir…

 

Ora tornati a Napoli incantata,

alternerete studi, giochi e amor…

Ricorderete più quella scalata,

che pur vi mise vanto e orgoglio in cuor?

 

Ricorderete più chi vi guidava?

chi conosceste al ripiegar del vol?

Le cime, i prati, il lago che brillava,

azzurro e calmo al folgorante sol?…

 

Oh tornate di nuovo, ed il fiorente

volto che in me la simpatia destò,

e il riso, e quel parlar tanto piacente,

ch’io vegga e senta, qual mi si mostrò!

 

Oh se tornaste nell’inverno cupo!

altro Matese io vi farei veder:

candide nevi, venti urlanti, il lupo…

nordico sogno di strano piacer!

 

Solo me n’ vado su quel monte aprico,

ma non è perché abbia un chiuso cor.

Ecco… proprio lassù sento l’amico,

se provo sulla vetta un muto orror!

 

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